paura

Satprem, L’uomo dopo l’uomo

Una corrente d’aria, non si può ammazzarla*

Dedicato a coloro che nutrono paura!

In realtà coloro che dicono di avere paura, non hanno paura, ma sono posseduti-dalla-paura. In quanto posseduti sono prigionieri della paura, quindi etimologicamente sono cattivi, rinchiusi nel recinto della paura che si sono costruiti attorno. Si ritrovano a vivere in un mondo solipisistico che esclude gli altri, fa anzi degli altri un incipiente pericolo.

In tempi di pandemia, l’altro è un untore.

Come accade a tutti gli animali in cattività (vediamo come ricompare il significato etimologico che il linguaggio comune ha conservato per gli animali, ma non per l’uomo!) anche l’animale uomo diventa violento, sottilmente violento, perché è dotato di intelligenza, non solo di istinto. E’ in grado di argomentare e giustificare la propria violenza, temuta e traslata in paura.

Io non albergo la paura dentro di me, non me ne faccio recinto. Rifiuto di sottomettermi alla violenza della paura. Nego la violenza distruttrice della paura. La paura mi allontana, mi esclude dal tuo mondo e nega la nostra, mia e tua, essenza d’individui relazionali che si manifesta nella reciprocità del contatto umano.

La paura perverte la visione, la distorce come fa un buco nero con la luce, la assorbe e si vede solo il buio. Ci si trova a vivere a tasto e quando si annaspa il primo contatto è fonte d’incertezza, ma è un contatto, quindi rassicurante. C’è qualcosa. Ci si aggrappa a ogni cosa, un’informazione, un appello, una legge, una via d’uscita.

Di cosa ha paura, chi ha paura? Cosa si teme in realtà? Hai paura di me come l’altro-senza-paura? Di quello che porto con me? Si ha, quindi, paura del significato che incarna chi è privo di paura?

Io mi riconosco e manifesto il rispetto dell’altro nella consapevolezza della mia alterità a me stesso, che diventa umanità nella relazione, anche con chi nutre il veleno della paura.

Cosa non va in tutto questo?

Paura, ansia, angoscia sono parte di noi, queste emozioni ci sono familiari, siamo umani!  Allora noi dobbiamo essere persone, non solo individui statisticamente rilevanti.

Paura, ansia e angoscia ce li hai dentro, sei una persona! Anch’io ho in dotazione paura, ansia e angoscia; sono umano!  Ma forse c’è qualcosa che rimane nascosto, che non sai.

Dubito che la soluzione alla paura sia quella proposta da illustri colleghi psichiatri, ovvero: siccome siete costretti a stare a casa, approfittatene per giocare, per fare di più l’amore!

Ayurvedicamente fate attenzione perché l’attività sessuale disperde Ojas, la nostra sostanza vitale (almeno ricostruitela con latte bollito con milk masala!) e non lamentatevi se l’ansia dovesse determinare una prestazione insoddisfacente!

Tu che nutri la paura sei informato su tutto, hai contezza di ciò che fa paura, lo dice la tv, e tutte le altre fonti d’informazione, il messaggio implicito è che devi avere paura per essere normale. Appartieni al club degli uomini civilizzati, la società ti protegge dalle paure promettendo soddisfazione in ciò cui devi rinunciare quando arriva il virus. Allora rimane solo la paura.

La paura è collegata a qualcosa di concreto o che si ha ragione di ritenere che sia tale. L’ansia è la tua risposta a un evento non necessariamente negativo, ma ritenuto tale. La risposta cardio-respiratoria fisiologica può essere particolarmente impressionante e genera ulteriore apprensione.

L’angoscia toglie spazio interiore, rivela lo stato di costrizione nel quale è immersa la nostra esistenza. Viviamo angosciati e siamo governati da questo stato fondamentale della nostra esistenza. Non possiamo avere certezze riguardo a nulla e l’angoscia si rivela la tonalità emotiva fondamentale, come dice Heidegger, ma questa tonalità è nascosta e lascia luogo alla paura che dà impulso ai nostri movimenti mentali e fisici costruendo nemici e pericoli anche dove non ci sono.

Accadono fatti specifici che esaltano le tre risposte citate. Ci riferiamo, ovviamente, al Coronavirus diffusosi dalla Cina. Un microrganismo che vive dentro le cellule, è un parassita, ma anche lui è obbligato ad essere così com’è.

In Ayurveda è classificato fra i vermi o i parassiti che si nutrono e per svilupparsi e diffondersi devono trovare un terreno ottimale per il loro sviluppo.

Per attecchire nei tessuti occorre soddisfare alcune condizioni quali, ad esempio, vincere la competizione con gli altri microrganismi saprofiti di pelle e mucose.

I virus nuovi arrivati devono potere superare l’opposizione della folla di batteri, funghi e altri virus già presenti che si trovano in equilibrio simbiotico con l’ospite e che non hanno nessuna intenzione di cedere il posto ad altri commensali delle nostre cellule malaticce. L’informazione molecolare virale deve anche trovare condizioni chimiche favorevoli quali il pH della pelle, se la laviamo riportiamo lo strato corneo dell’epidermide al valore normale di 5,5 oltre che pulirla da scorie e residui organici.

Per quanto riguarda le mucose, le secrezioni abbondanti caratteristiche della rinite lo sono anche dell’infanzia. Per l’Ayurveda è l’età in cui prevalgono il Kapha e la sua umidità e anche la maturazione cioè l’iperattività del sistema immunitario. L’incremento del muco può essere la ragione fisiologica più semplice che spiega il fatto che i bambini sono, inspiegabilmente (!), resistenti al virus che si impantana nel muco. Il muco nasale e orale viene usato dal corpo come mezzo di eliminazione del virus e usato come trasportatore dal virus stesso per propagarsi con sternuti e colpi di tosse.

Negli anziani al contrario prevale il Vata, quindi la sua secchezza che rende anelastiche le membrane cellulari redendole più attaccabili dalla corona del virus. Infatti un’altro ostacolo che il virus deve superare è la resistenza delle cellule che sono ben protette da una parete cellulare fatta di lipidi, unta ed elastica.

Ma di quali cellule si tratta? Di quelle nervose. I virus hanno un tropismo specifico per le cellule nervose. Le particelle virali sono frammenti d’informazione DNA o RNA e sono in sintonia per similitudine con il tessuto nervoso che è lo srotas, il canale e il veicolo di trasmissione dell’informazione all’interno del corpo. È abbastanza evidente che se i neuroni veicolano l’informazione della paura sulle loro membrane creeranno la condizione migliore per il virus, di minore resistenza organica, tessutale, enzimatica, ormonale e nervosa!

L’ignoranza della fisiologia della paura permette che si diffonda in modo virale, espressione abusata profeticamente sui social negli ultimi anni, l’ignoranza del proprio essere paurosi. La psiche è incline ad accogliere paura, ansia e angoscia, la fa sentire importante e  protagonista di un piccolo mondo, piccolo come una capsula virale. Virus che è solo una scala avviticchiata senza un corpo.

Le emozioni negative percorrono i nervi e indeboliscono la loro resistenza. Oggi nessuno dubita dell’influsso delle bio-emozioni, certificato dalle neuroscienze affettive, nel coinvolgimento del sistema nervoso nel funzionamento del sistema immunitario che subisce lo stesso indebolimento funzionale.

Anche il sistema immunitario ha paura, ansia e angoscia e non può funzionare! Tenderà a preservare l’emozione, così importante per la psiche, invece di difendere l’integrità dell’organismo.

Chi non ricorda la magnifica sequenza del cartone animato La spada nella roccia della Disney? Merlino e maga Magò (https://www.youtube.com/watch?v=X5tmmqz04M8), i nostri due lati razionale e istintivo, ingaggiano una sfida di magia e dopo vicende alterne Merlino scompare, dov’è andato? Si è trasformato in virus! Maga Magò non avendo studiato non lo conosceva, sarà scoperto fra qualche secolo le dice il mago, e si riempie di chiazze e bolle, ma guarirà è la rassicurazione di Merlino.

Maga Magò, l’istintualità emotiva, era sicura di avere vinto la sfida, ma invece deve subire l’insulto dell’invisibile virus, la razionalità imperscrutabile della natura.

Caraka scrive nel suo testo che ci sono dei krimi-parassiti che si vedono, ma ce ne devono essere anche altri che non si vedono. Il grande medico procede con un ragionamento per inferenza logica a partire dagli effetti, cioè dal comportamento accertato della fisio-patologia. Osservandolo si evince che i tessuti reagiscono a qualcosa che ne altera il funzionamento senza una causa visibile. Con un ragionamento a ritroso dagli effetti alle cause Caraka spiega come impedire all’invisibile di produrre il visibile, la malattia e il dolore. Come? Cambiando il terreno che si rivela necessario alla sopravvivenza dell’invisibile.

Terreno che è coltivato e irrorato dall’emotività distorta.

Le emozioni negative portano il fulcro dell’equilibrio della salute fuori di noi e impediscono il mantenimento della costanza dell’ambiente interno. È impreciso dire che si indeboliscono le difese immunitarie, come si sente dire anche dai medici, la realtà purtroppo è più grave perché si perde la nozione dell’identità con se stessi che viene sostituita da una nuova informazione, quella del virus.

Da soggetti diventiamo oggetti, ovvero substrato di nutrimento per il virus.

Paura, ansia e angoscia non corrispondono alla realtà interiore di nessuno, sono solo emozioni ovvero delle modificazioni del tono psichico che manifesta l’inadeguatezza e l’incapacità di adattabilità a situazioni nuove o, in questo caso, al contatto con microrganismi nuovi.

Io devo essere centrato su me stesso per potermi identificare con me stesso, per essere certo del limite fra me e il mondo esterno. Dal centro consolidato di me stesso posso comunicare con ciò che è attorno a me in modo chiaro e sicuro.

Paura, ansia e angoscia sono emozioni distruttive della mia integrità e solo agendo in modo unitario il mio essere può riconoscere la reale pericolosità di ciò con cui vengo in contatto. Mio-non-mio questo è il dilemma amletico dell’immunità e il compito del così detto sistema immunitario. È facile comprendere che in realtà meglio funziona, più forti saranno le risposte del sistema. L’efficienza del sistema si misura nella forza con cui si risponde confinando e sequestrando il non-mio fino a distruggerlo enzimaticamente. Questa è la nostra risposta intelligente al non-mio.

Perché il virus determina una polmonite interstiziale? Questa la domanda che i clinici dovrebbero porsi. La colonizzazione del sistema nervoso, da parte delle particelle virali, definisce la sede della risposta nel tessuto. Gli anatomopatologi dicono che non si tratta di una alveolite o di una bronchiolite, la lesione, quanto più grave tanto più il sistema cellulare immunitario funziona bene, si localizza dove hanno sede i nervi, cioè negli interstizi della trama del tessuto polmonare. La normale reazione infiammatoria inspessisce il tessuto e il presidio terapeutico migliore è la ventilazione forzata con un’alta concentrazione di ossigeno. In accompagnamento si può apportare più ossigeno eliminando i radicali liberi e l’    acidosi presenti in loco con preparazioni ayurvediche specifiche di lungo uso tradizionale, Triphala, Tulsi, ecc.

Ma torniamo alla paura che è protagonista in chi si ammala, ma è ancora più deleteria in chi assiste o convive con chi sta male e sta rischiando la vita. Meglio sarebbe essersi protetti prima, ma sappiamo quanto è difficile mettere in pratica un qualsiasi tipo di prevenzione. Chi crede che fare attenzione alla salute quando si sta bene sia un dovere personale e civico? Ben pochi!

Quindi, ecco spiegate le ragioni per cui io non albergo paura, ansia e angoscia in me.

Le radici della paura non sono nei fatti riportati dalle cronache giornalistiche, nei comunicati dei governanti, non sono nelle statistiche né nelle opinioni degli scienziati di turno.

Noto solo che i virologi che stanno quotidianamente a contatto con virus letali non contraggono la malattia; sono protetti ovviamente, però rimangono sani mentre ad un comune mortale si dice che basterebbe mettere la mano su un supporto di un autobus e toccarsi il naso per contrarre la terribile malattia.

Non è questione di sciocco coraggio, puerile insensatezza o superiore sbruffonaggine.

È la semplice considerazione della realtà della fisiologia con calma e sapienza ayurvedica.

È ora di salutare, nel senso di qualcosa di buono e benefico per noi e anche nel significato dell’accogliere l’altro e dirgli: ti saluto, stai con me, è bello stare vicini!

Lasciamoci accarezzare da questa brezza primaverile piena di corpuscoli vivi, non ci ucciderà, potremo farla rivivere facendo vibrare l’aria della nostra voce raccontandoci una storia, se lo facciamo in tanti diventerà una corrente d’aria nuova e salubre e non si potrà ammazzarla.

L’informazione ordinata e coerente vincerà l’ignoranza e la violenza della paura.

Satprem, L’uomo dopo l’uomo, Edizioni Mediterranee, Roma, 2002

Data: 17 Marzo 2020                                                        Firma

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Concetto di salute nella. cultura Occidentale

In questo primo capitolo ho affrontato il tema dello sviluppo del concetto di “salute” nella cultura occidentale dalle origini greche all’era post-moderna. Mi sono limitato alla sfera d’interesse del medico e della scienza medica tralasciando ciò che riguarda la salute pubblica. Dopo avere chiarito quanto la “salute” compete al rapporto medico-paziente, chiarisco il significato etimologico della parola “salute” nel senso di ‘salvezza’ che condiziona la visione occidentale della salute. Prendo in considerazione poi la presenza e l’evoluzione del concetto di salute nella Storia della Medicina a partire da Ippocrate fino ai giorni nostri. È evidente quanto nella storia della medicina è carente l’attenzione alla salute, la storia dell’evoluzione della medicina ha come asse portante la patologia. Ho evidenziato come il corpo è vissuto in Occidente e come la mente sia un aspetto fondamentale della “salute”. Ho isolato alcuni modelli di salute e valutato e criticato attentamente la definizione e la visione dell’O.M.S.. Ritengo necessaria una discussione riguardo alla ri-definizione della salute da parte dei medici ed individuo nell’opera di alcuni medici, filosofi e nella filosofia fenomenologica ed ontologica del XX secolo, i riferimenti alla centralità della persona ed al suo vissuto come validi strumenti di chiarificazione del concetto di “salute”.